Devotamente, Marietta Camerlengo

Devotamente, Marietta Camerlengo

 Nella disgrazia toccatami siete rimasto troppo indifferente, e troppo mi avete fatto conoscere la solitudine a cui il destino mi ha chiamato.

A che son valsi i miei 27 anni di sacrificio? Se fossi stata egoista le mie cose sarebbero andate in modo ben diverso. Venturino non sarebbe morto!

……E sarei stata felice perchè il mio Venturino era buono ed era bravo: mi voleva bene assai, e guadagnava molto.

1912   1 novembre Antonino Liberi scrive a D’Annunzio:

La fedele Marietta si deve, ed è giusto che si mariti. (.)

..Come rimpiazzare Marietta quando sarà riuscita di casa?

1912   una settimana più tardi Nicolino De Marinis scrive così a D’Annunzio:

Marietta ha fatto sapere d’essere decisa a maritarsi, e questo solo pensiero mette alla disperazione mamma, che non può fare assolutamente a meno dei servigi della medesima.

Tu dovresti vivere qui per conoscere quale necessità ha tua madre di Marietta, che la deve vestire e spogliare e spesso condurre quando gira per casa coi passi incerti.

Non è più come tu la rivedesti l’ultima volta; ora stenta perfino a parlare e pure in questo caso ha bisogno che Marietta l’aiuti, essa che solo la può comprendere.

Ha perfino la potenza di calmarla nei frequenti scatti biliari prodotti per un nonnulla, ma che sono frutto del suo male.

Allora Marietta si fa vedere imbronciata e la sfugge, ma essa la rincorre e non si calma se non riceve il bacio del perdono.

Io non vorrei dirti queste brutte cose, ma mamma vuole che te ne informi perchè dice, ci va della sua vita.

Ora stando così le cose, si deve scongiurare assolutamente che Marietta si allontani almeno da ora.

E Marietta non si sposa e vive più di mezzo secolo esclusivamente affaccendata alle cure della casa del Vate.

Vale la pena ripercorrere la vicenda delicata di un fidanzamento durato 13 anni per il suo epilogo inatteso e sconcertante.

Ah… se il tempo mi togliesse gli anni!

1918    Pescara, 22 dicembre   Marietta scrive a D’Annunzio, senza ricevere risposta:

Preg.Don Gabriele,

il mio augurio fervido e sincero per il Santo Natale, per l’anno nuovo.

Vi scrissi ultimamente del modo come Pescara aveva inneggiato alla Gloriosa Vittoria, e vi dissi della mia febbre spagnola.

M’ero rimessa benino, ma ci ero ricaduta: tosse, debolezza e mal di testa. Pazienza! E’ una bufera che passerà, almeno lo spero.

Ieri è tornato il mio fidanzato: per ora in licenza; ma per la fine del mese non sarà più soldato.

Avrei tanto piacere di ricevere una vostra lettera, ma voi, sempre occupato, non avete tempo di pensare a me.(.)

Io vado sempre al cimitero ed infioro la sua tomba, e prego e piango.

In quei giorni che non ci son potuta andare per il divieto prefettizio, e per la mia malattia, ho sofferto tanto! Oramai è un’abitudine! E poi non è dovere?(.)

Vi riscriverò non appena mi sarò rimessa perfettamente (.)

1919   Pescara, 2 gennaio    da Marietta a D’Annunzio-senza ottenere risposta alcuna.

Preg.mo Don Gabriele,

..(.)   E se verrete vi parlerò pure della necessità ch’io pensi al mio avvenire. Il mio fidanzato è tornato e mi fa premura per lo sposalizio. Se fossimo giovincelli di quindici, sedici anni non vi parlerei così, ma vecchietti, anzi che no, 37 anni ciascuno, non è il caso di attendere ancora.

Entro quest’anno noi vorremmo compiere il nostro destino, e per far ciò è necessario il vostro intervento. Voi sapete che il mio mobilio non è fattto, e che la mia biancheria non è completa.

Quanto dolore io provi a lasciare questa casa, che mi accolse bambina, e dove divisi gioie ed ansie, lo lascio immaginare  a voi che avete un animo sì nobile, sì sensibile.

Ricordo che in quella notte di dolore mi prometteste di lasciarmi nell’appartamentino che è di sopra, ma in quale stato trovasi!- e di essere sempre la custode di questa casa.

Se è così non avrò cordoglio. Ma il giorno del mio matrimonio non sarà di letizia per me: nel varcare questa soglia avrò il più amaro rimpianto a ripensare  a Lei, e lascerò qui dentro tutta la mia anima.

Ma la parola è data e sia.

1919   Pescara, 30 gennaio ancora da Marietta:  (senza risposta)

Preg.mo Don Gabriele,

(.) Dopo Natale vi scrissi una lunga lettera, parlandovi del mio avvenire, e mi permetto, chiedendovi prima mille scuse, di rinnovarvi la preghiera. Se fossi una ragazzina non avrei fretta; ma gli anni passano ed io invecchio: il 9 marzo compisco 37 anni!

E perchè non mi avete risposto penso che non abbiate ricevuto la mia lettera. Se è così siate tanto buono di dirmene, e tornerò a scrivervi novellamente sull’argomento(.)

1919   Pescara 16 marzo  da Marietta al poeta:

(.)Vi scrissi del mio avvenire e non mi avete risposto: mi azzardo a rivolgervi la preghiera novellamente; e spero.

Se il tempo mi togliesse gli anni, certo non vi terrei in questo argomento, ma vado invecchiando, e lo vedo da me stessa.

E perciò voi, tanto buono, saprete perdonarmi il disturbo che vi arreco (.)

Seconda decade giugno 1919  Valentino Frojo, reduce dalla prima guerra mondiale, colpito dal morbo della spagnola muore.

Grande è la disperazione della Camerlengo che rende partecipe della morte sia  D’Annunzio e sia il figlio Mario.

Confida nella comune partecipazione al dolore e al personale sostentamento; ma col trascorrere dei giorni, non ricevendo parole di conforto nè da Mario nè dal Poeta, scrive ad entrambi esprimendo sconcerto.

1919   Pescara 26 Giugno 

Carissimo Don Mario,

Perchè mi avete trascurata?

Nei tristi casi della vita la parola buona, la parola amica scende dolce all’animo, e riesce a lenire in parte il dolore.

Sono vissuta sino a ieri nell’attesa, ho atteso pure uno scritto del poeta: a voi scrivo mostrandovi il mio cordoglio, al poeta scriverò più tardi.

Nella disgrazia toccatami siete rimasto troppo indifferente, e troppo mi avete fatto conoscere la solitudine a cui il destino mi ha chiamato.

A che son valsi i miei 27 anni di sacrificio? Se fossi stata egoista le mie cose sarebbero andate in modo ben diverso. Venturino non sarebbe morto!

Come moglie avrei avuto il diritto di imporre la mia volontà ai dottori, come moglie l’avrei potuto seguire al lazzaretto e curarlo amorevolmente. E le premure e le grandi attenzioni l’avrebbero salvato di sicuro.

Ora voi e il poeta non mi scrivete! (.)

E’ un momento di parlar  chiaro. Io non mi sento di stare a pitoccare continuamente: io vorrei un assegno sicuro su cui basarmi e regolarmi.

Il poeta certo non può pensare a me, ma siete voi che dovete informarlo della mia posizione, della mia condizione. E non mi sono forse affidata sempre a voi?

Non avrei mai immaginato di scrivervi ancora in questi termini, di pregarvi ancora di pensare al mio pezzo di pane; credevo proprio che l’ultimo mio scritto fosse stato un ringraziamento per quello che avreste fatto per me nel tempo del mio matrimonio.l

Perdonatemi lo sfogo dell’animo, e conservatemi la vostra benevolenza.

Spero che questa mia non resti senza risposta: me ne accorerei troppo. Ed in tale fede che vi saluto distintamente.

1919   Pescara, 26 giugno

Preg.mo Don Gabriele,

don Mario, quando eravate a Roma, vi disse della disgrazia toccatami. Certo non ci avete più pensato, perchè altrimenti avreste avuta per me la parola buona, la parola affettuosa.

Il mio fidanzato è morto, ed io sono rimasta in balia della sorte, senza una speranza, senza un avvenire!

Dopo 27 anni di vita sacrificata, crdevo proprio di avere in premio una vita calma e tranquilla.

Ed ora mi ritrovo daccapo con le mie lamentele, mi ritrovo daccapo a dirvi che sono a corto di denaro(.)

Eppure

spero che questa mia non resti come le altre, senza risposta: si tratta dell’esistenza.

Oh !  Se si potesse vivere senza mangiare ! 

1918    Pescara, 24 Luglio 

Pregiatissimo don Gabriele,

le mie lettere a Venezia sono rimaste senza risposta, forse perchè non le avrete avute.

Voglio augurarmi che questa abbia migliore  fortuna e spero.                              

 

1919    Pescara, 2 settembre e  21 settembre 1919 

Preg.mo Don Gabriele,

sono rimasta senza un soldo e non so proprio come andare innanzi (.)

Fatemi saper quando verrete, ed abbiatevi gli auguri della mia segretaria ed i miei più rispettosi ossequi.

Devotamente,

Marietta Camerlengo.                                                                      

 

Singolare il destino di questa donna.

Per ventotto anni ella consola la madre dalla lontananza del figliuolo, tanto da farle affermare:

E’ all’ombra sua che io sono amata, io vivo per Lei e della sua memoria.”

Per venti anni, dopo che la madre non è più, ella è la sola e invocata voce di conforto pel figliolo dolente.

La mancata sposa muore il 3 marzo 1955 in quella casa ormai ricca di soli ricordi.

Si ringrazia il Dr. Franco Di Tizio per il prezioso contributo