Borgo Marino

Borgo Marino

………era abituale un tempo dare ai bimbi maschi dell’armatore di paranze il nome “Ciattè”, ovvero Cetteo, in onore del Santo Patrono. Le abitazioni marinare di allora pullulavano di “Ciattè”, creando un legame identitario con l’altra Pescara, commerciale ed industriale……………

Fulvio Viola, esponente dell’arte pittorica locale e sentimentalmente molto vicino ai pescatori:

BORGO MARINO

Alcune casupole, davvero poche,in una zona periferica chiamata un tempo “Vallicella”, divenuta poi zona di espansione castellammarese.

Quindici, venti famiglie, una comunità racchiusa in sé stessa, composta tutta da pescatori, dove “marinari”, comunque, si diveniva per dovere e per scelta.

Gente rude e forte, amore per il mare e per la borgata, attaccamento al mestiere e al focolare, pienezza di sentimenti religiosi.

Ci si sposava solo fra esponenti della comunità. Difficilmente gli amori potevano nascere al di fuori dei confini del borgo.

Una questione di sopravvivenza.

Gente rude e forte; case ad un piano, raramente a due; case modeste, sempre ordinate, dai pavimenti a mattoni, usci appena accostati, dove nessuno osava entrare senza permesso, autorità incluse.

Borgo marino, un territorio eletto e rinvigorito da pescatori di altri lidi, arrivati alla ricerca di un approdo ideale per le paranze.

Le barche allora erano così chiamate perchè pescavano in coppia; ogni coppia aveva un identico simbolo disegnato sulla vela.

Una parte della città dunque nata con la vocazione tutta marinara ed oggi inghiottita da una crescita immobiliare inarrestabile.

Resistono a malapena, per poco ancora, gli spazi abitativi agli urti della modernità; resistono tuttora le abitudini, le usanze, in un bizzarro equilibrio con il continuo avanzare delle tecnologie.

Evidenziare nel continuo, rapido intreccio in cui la città di Pescara si evolve, questa parte di tela marinara è piacevole, oltre che doverosa.

La comunità non è stata caratterizzata dalla presenza di poeti o di personaggi di respiro nazionale, se ne comprendono i motivi.

Eppure, il casuale accostamento a personaggi di questo particolare cardine dell’economia locale è sufficiente a far percepire che la filosofia di vita e la poesia sono quasi di casa.

La finestra che il Circolo Aternino ha riservato al Borgo, all’esordio del sito, è il tentativo di tessere adeguatamente, attorno ad un’unica àncora e nell’intierezza, i momenti formativi della città.

Fra i brani elaborati dalla marineria locale:

Ricordi

T’ho navigato per metà del mio tempo,
da poco tempo sono sbarcato,
Ora mi chiedo cosa mi manca:
Le tue notti buie e fredde dell’inverno, i tuoi lunghi silenzi,
quel cielo di velluto nero con tante lanterne accese,
quei tramonti da descrivere e quelle albe da definire,
il coraggio nella paura, lo schiaffo dell’onda sulla prua
il canto del vento tra le sartie, il grido dei gabbiani.
Mi hai fatto uomo con i tuoi insegnamenti umani e morali,
Mi manchi tu vecchio, grande, amico mare.

Marino Frosciacchi

Dolor di Padre

Calmo il mare, color cobalto
dopo la tempesta del giorno prima
e sulla battigia molle, cosparsa di alga nera
con lento passo, camminava stanco
il vecchio, sul bastone curvo, sperava
nella sua preghiera.
“Signore, ti prego, fa che mio figlio sia salvo
perdonalo dell’ardire suo, del suo coraggio
emular voleva il suo vegliardo,
e il bene voleva per la famiglia sua.”
Preso da pensieri foschi seguitava
il cammino suo, curvo mal si reggeva
sulle gambe, inciampava su un corpo
molle, freme, l’osserva……è suo figlio
una lacrima segna il suo volto.
poi impreca:”perchè perchè Signore”
nell’ira, a dolor frammisto
agguanta la cara pipa, la scaglia
in mar, per riscattar l’osar di suo figlio.

Vittorio Pomante

Vecchio borgo

Mi sovvien, adesso che son vecchio,
con la mente offuscata dagli acciacchi,
i bei giorni della mia fanciullezza.
Le corse, i canti, tra le casette basse
dai tetti bigi e cosparsi di muschio raso.
Cannoli di ghiaccio pendean dalle gronde
fredde, e giochi creavano per noi
dalle manine rosse, e piedi rattrappiti
e tanta gioia, anche se della fame
sentivamo il morso.
E a sera, stanchi ma felici, venivamo
dai vecchi catturati, portati a casa
vicino al focolare, e lì le vecchie
storie, i racconti a lor successi in mare.
Le cose belle del mio vecchio borgo
è quello che più ricordo.

Vittorio Pomante


Per il video si ringrazia il regista Raoul Verzella dell’associazione culturale Ondadurto.