Controchiave cittadina

Controchiave cittadina

notolette mediatiche su avvenimenti e personaggi alla ribalta .

Il caso Brandano

L’abate don Pasquale Brandano, allo scopo di ottenere contributi con cui costruire la cattedrale di S.Cetteo, si rese artefice di incontri prestigiosi con il ministro Ciano, con Pio XI, con la Casa Savoia e con Gabriele D’Annunzio al Vittoriale.

Amministratore di notevoli capacità e manager di lunghe vedute è riuscito a far confluire alla Chiesa risorse economiche ed immobiliari di rilievo.

Non sempre compreso per le sue superiori doti di abilità e senso degli affari, questo personaggio,simpaticamente chiamato “Abate dai mille occhi“  per le elevate capacità organizzative e manageriali, andrebbe meglio riconsiderato anche per il suo spiccato senso civico.

Negli anni difficili successivi alla guerra operò alacremente per la costituzione di una particolare cantiere scuola finalizzato alla formazione di arti e mestieri.

Nacque così l’Istituto Artigianelli, antesignana della futura Scuola Industriale.

Già prima, e sempre grazie alla sua opera, si erano verificati in città insediamenti di elevata portanza per le ricadute assistenziali, scolastiche ed economiche sulla popolazione.

Le suore della Nigrizia, l’istituto “Nostra Signora ” , dove venne istituito il secondo liceo classico privato, l’istituto Ravasco, i Padri Oblati ed  i Resurrezionisti costituirono all’epoca veri propri motori sociali per la comunità pescarese, con i risvolti positivi facilmente intuibili.

Il Centro Nazareth risulta essere stato uno degli ultimi riflessi positivi di una lunga e laboriosa vita a favore della cittadinanza.

Il principe dello Spirito, come lo chiamava D’Annunzio, rimase Abate di una Cattedrale sino alla morte, caso piuttosto inconsueto nella storia della Chiesa.

Aveva messo da parte ogni personale ambizione per potersi dedicare interamente alla sua missione ecclesiale e come unica ricompensa avrebbe voluto essere sepolto nella sua chiesa.

Attende ancora di essere esaudito!

Ora riposa in una cappella anonima, ancora da ultimare, nel cimitero di S.Silvestro.

Appendice al caso Brandano

Così si esprimeva Padre Domenico,

l’amato, adorato  frate della Pineta:

“   ..Io però vi dico che durante il tempo della mia vita sacerdotale non mi sono mai incontrato con un Parroco(Brandano) così buono e zelante, e che tanto mi ha animato a fare il bene come voi. Siate infinitamente benedetto!”

“…potendo Voi immaginare quanto sono io contento per la straordinaria grazia che lo Spirito Santo ha fatto, mandando un sì zelante pastore (Brandano) a cotesta cara Città. Deo Gratias!

Sto facendo e facendo fare delle  preghiere speciali per Voi”.

“…..Gli parlai di Voi(Brandano) e di tutto il bene che fate costì, e, rallegrandosene, mi diede l’incarico di inviarvi I suoi ossequi      (.) mi parlò della chiusura della Chiesa di San Cetteo; se da una parte me ne rammaricai, da un’altra ne gioii, perchè tutto è stato permesso dal Signore per abbreviare la costruzione del Duomo…”

da alcune lettere di Padre Domenico all’Abate Brandano

e così il primo Vescovo di Pescara:

Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Benedetto Falcucci in funzione della sua PRIMA VISITA PASTORALE alla Parrocchia di San Cetteo, avvenuta il 12 Giugno 1952, scrisse nel questionario informativo contenente le Osservazioni e Decreti per la Cattedrale:

“…Questa è la nuova opera   affidata a Mons.Pasquale Brandano, dopo che egli con sacrificio e intelligente lavoro ha realizzato la costruzione del Tempio Nazionale della Conciliazione e della casa parrocchiale, attualmente passata all’ordinario diocesano per sua abitazione e per gli uffici di Curia.”.


Il “ritorno” del poeta

La stele dannunziana peggiora di giorno in giorno.

Nel lato nord del teatro D’Annunzio sorge una stele, istoriata con immagini e simboli della iconografia dannunziana, a testimonianza delle onoranze “ per l’eternità”che la città di Pescara ha voluto tributare al Poeta in occasione del centenario della sua nascita.

Alta 67 metri la stele è triangolare e nelle tre pareti, con un’estetica accattivante, vengono riportate tracce  emblematiche dell’ excursus-vitae del Vate.

Si tratta di una vera e propria opera d’arte in c.a., realizzata, tra il 18 agosto e il 4 ottobre 1963, dal costruttore artista Vicentino Michetti.

Esposta alle intemperie e alla salsedine, quasi collocata ritualmente nell’area dell’indifferenza storica secondo i canoni abitudinari della città veloce, tale struttura comincia a conoscere i segni del tempo e necessita di urgente manutenzione. Dagli spigoli si staccano frammenti, i simboli si stanno cancellando. I Vigili hanno provveduto ad una recinzione di sicurezza; si attendono provvedimenti risolutivi da troppo tempo.

Le strutture interne in acciaio, se esposte alla corrosione marina,  pregiudicherebbero la loro durata nel tempo.

Creare o progettare nuove realtà cittadine è importante, ma è altrettanto importante non dissipare patrimoni che vanno trasmessi alle generazioni future.


Il caso POMPONI

Nel 1963 Pescara disse addio al vecchio, caro teatro Pomponi.

Il teatro, non un capolavoro di estetica, appariva come un normale edificio, ma svolgeva egregiamente la sue funzioni di baluardo della cultura e di punto d’aggregazione.

Fu eretto nel 1923, in appena due mesi,  dall’imprenditore marchigiano Teodorico Pomponi, in occasione degli eventi programmati per la Settimana  Abruzzese.

Senza stare a sottilizzare su progetti e vincoli burocratici Pomponi eresse, su un area di 2600 mq.di proprietà del Comune di Castellammare, il teatro e  l’attiguo centro d’incontro “Kursaal”.

A due passi dal mare, in una posizione incantevole, avrebbe dovuto ospitare il re Vittorio Emanuele III. L’aspetto interno, con i suoi drappi di velluto e le 1200 poltroncine, era certamente più gratificante. La programmazione incluse all’epoca tutti i nomi famosi della rivista e del teatro, oltre ovviamente a prevedere l’esecuzione accurata  di  proiezioni cinematografiche.

Lo spazio culturale mostrò una concreta e piacevole fruibilità, tale da farlo rientrare, in breve tempo, in una considerazione di irrunciabilità per la cittadinanza.

Il Pomponi, sede del Circolo del Littorio al tempo del Fascismo, ospitò nel dopoguerra anche il Circolo universitario ed il Liceo musicale.

L’appetibilità dello spazio in cui sorgeva fu determinante poi per la sua demolizione. Il teatro, che avrebbe avuto certo bisogno solo di normale manutenzione, venne dichiarato pericolante e abbattuto.

Lo scopo era forse quello di costruirvi in sua vece un albergo.

Terminava in questo modo il lungo contenzioso fra Pomponi e il Comune, che, dopo l’eco della Fiera campionaria abruzzese del 1923, aveva richiesto al costruttore la disponibilità dell’area. Da allora transazioni, impegni, dispute e battaglie legali si susseguirono fra le parti, senza conclusioni concrete. Nel 1951 il Comune stabiliva su basi legali la sua proprietà sulle due costruzioni di intrattenimento ludico ; nell’autunno del 1963,dopo una dubbia dichiarazione di inagibilità, i due edifici, sorti incredibilmente nei due mesi del 1923, furono abbattutti, partorendo, in loro vece, incredibilmente appena un’area destinata a parcheggio.