LA TAVOLA DEI BRIGANTI

Un ampio lastricato di rocce incise poste ai piedi di Monte Cavallo, al cospetto del

Monte Focalone e dell’abisso della valle dell’Orfento, ad un’ora di cammino dal

pianoro del Blockhaus (2.106 m. slm)

Tavola dei briganti

Tavola dei briganti

 

 

 

 

Su queste rocce pastori e briganti lasciarono incisi i loro pensieri.Testimonianze semplici, corredate da date, nomi e provenienza, rilasciate sull’eternità della pietra come sfogo per la loro condizione di povertà.

Attribuito ai briganti il piu noto fra essi, di evidente tono antiunitario, corroso dal tempo che conferisce al componimento un’aurea di mistero, quasi un richiamo ancestrale di neolitica fattura, recita testualmente :

Leggete la mia memoria per i cari lettori.

Nel 1820 nacque Vittorio Emanuele Re d’Italia.

Primo il 60 era il regno dei fiori, ora è il regno della miseria.

Prove di laboratorio sulla Tavola dei briganti. Terre del Sud e Domenico Cannone

Prove di laboratorio sulla Tavola dei briganti.
Terre del Sud e Domenico Cannone

La storia, si sa, è basata sulla somma di espressioni redatte e fornite dalle forze che hanno dominato gli avvenimenti importanti del passato.

L’elaborazione degli eventi dell’Unità d’Italia ha seguito il medesimo processo di formazione.

Le battaglie raccontate dai libri, ora visibili nei documentari televisivi, sono state redatte da chi quell’Unità ha voluto fermamente, al di là di ogni ideale, per propri interessi economici.

E così che storie parallele di cittadini del passato Regno delle due Sicilie, solo per aver voluto difendere la propria terra dagli invasori sabaudi, sono state volutamente occultate o catalogate fra i movimenti armati antirisorgimentali, se non addirittura iscritte fra gli atti prettamente delinquenziali.

Il fenomeno di trama abruzzese, nel presente ricordato in forma sbiadita col nome di “Brigantaggio”, esplose in quel frangente storico e tuttora viene interpretato in modo del tutto opposto in funzione della ratio delle parti in contesa.

Qualunque ne sia ora l’interpretazione storica, pur con le correzioni del tempo, è certo che negli anni tra il 1861 ed il 1867 sul massiccio della Maiella operarono numerose bande, ognuna delle quali ebbe un capo che mosse e motivò i propri accoliti in maniera indipendente.

In risposta alla loro attività fu attivato dal neo governo italiano un punto di forza militare in un area strategica della Maielletta. Un avamposto fortificato nel cuore del rifugio dei briganti al fine di un diretto controllo per l’eventuale soppressione. Sulla testa dei più temuti ricercati, all’epoca noti briganti, pendevano taglie elevatissime:

Croce Di Tola, detto “Crocitto”, Vincenzo Colafella di S.Eufemia, Pasquale Mancini, ovvero il “Mercante” di Pacentro, Domenico Valerio, detto “Cannone” d Atessa, Luca Pastore di Caramanico, Salvatore Scenna di Orsogna, Domenico Di Sciascio di Guardiagrele, Nicola Marino di Roccamorice, Fabiano Marcucci, il “Primiano” di Campo di Giove.

Un invito alla rilettura andrebbe fatto, ma in questa sede non si può che fornirne spunto attraverso alcune storie prese a caso ed un documento d’epoca che narra un momento di vissuto di un abitante d’Abruzzo considerato fra i briganti del circondario: Domenico Cannone. A lui un gruppo musicale ha dedicato un sonoro che vale la pena di ascoltare.

Ancor oggi la terra d’Abruzzo, disposta tra montagna e mare, appare sorprendentemente antica. Essa conserva un groviglio di tradizioni secolari immutate, che propone ciclicamente e naturalmente in un rapporto simbiotico con del magico di sotterranea intensità.

itinerario

itinerario

 

 

 

 

 

 

Le storie:
“L’Unità d’Italia mi sconvolse. In chiesa a Natale feci una grande festa e cantai il Te Deum di ringraziamento
per festeggiare l’annessione del Regno delle due Sicilie. Ormai rapito dall’euforia, annunciai a tutti con tono
solenne che al prossimo mio nipote sarebbe stato dato il nome di “Vittorio Emanuele”
” ‘Nu nome che, sole a ‘nnumenarle, arimbiesceve la vocche gne ‘na fecuera grosse!”
 
Don Oreste De Amicis

 

“Don Orè, nu apparteneme a lu proletariato contadine, a quella parte de lu monne che pe’ magnà è sempre state nu probleme, prime ‘nghe lu pape e mo’ pure ‘nghe lu re. Lu rrè Vittorie dice che dope la babele monetaria ‘nghe le bajiucche, lu carline, lu ducate e lu fiurine, la Lira, le solde de mo’ insomme, rappresente la cose uguale pe tutta la Nazione. Ma se ci sta na cose che unisce tutte la nazione a stu mumente jie diche che è la fame!  Come ariesci Don Orè a gustà la libertà e la democrazie? Tu dice che è nu privilegie picchè ognuno ariesce a gustà ciò che vuole. Ma jie ‘nghe la democrazia nen so sintite ancora niente. Fame teneve prime e fame tenghe mò. Questo sole sacce….e sente! E cuscì quande arientre la sere a casa e t’assette,… alla tavule truve l’ospite fisso: la fame! Sta là, nen sfalle”          
 Marianna La Lanare
"Il contadino non ha casa, non ha campo, non ha prato, non ha bosco, non ha 
armento; non possiede che un metro di terra in comune al cimitero. Non ha letto, 
non ha vesti, non ha cibo d’uomo, non ha farmaci."  Benedetto Croce 

In quei tempi non era difficile per il contadino cedere alle lusinghe di chi gli stendeva 
qualche soldo per via della sua povertà endemica. Distribuii loro grani cinque per farli gridare 
"Viva Francesco II" e per far mettere i nomi di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II a due cani 
di proprietà. Inimmaginabile quel che mi accadde poi.             Augusto Latosti