L’ultima carrozza

L’ultima carrozza

Biga, Landò, Vittoria e Quadrata , distinguibili fra loro per tipologia strutturale e numero dei posti, erano i nomi delle classiche  carrozze in uso a Pescara nel primo novecento.

Negli anni 20, prima che apparissero sul mercato le prime automobili, le strade erano dominio esclusivo dei veicoli trainati da animali, e fra questi primeggiavano le carrozze, che costituivano il maximum della comodità dei viaggi su strada.

Era cosa comune ascoltare per le vie l’allegro fragore degli zoccoli dei cavalli sui lastroni della strada,  schiocchi di  frusta, incitamenti e  grida rivolti agli animali.

Le carrozze sostavano abitualmente dinanzi alle due stazioni ferroviarie. I vetturini erano personaggi popolari; ve ne erano all’incirca una ottantina ed erano individuabili soprattutto in base ai soprannomi.

Ottavio Cipollone detto “Muzzone”

Fu l’ultimo ad arrendersi all’avanzata dei mezzi meccanici, resistendo fino al 1960, quando la vettura gli fu distrutta in un incidente stradale.

Ottavio, fino all’ultimo, non si mostrò soverchiamente preoccupato per il traffico che stava divenendo caotico, poichè la sua intelligente cavalla aveva imparato alla perfezione la funzione del semaforo, fermandosi spontaneamente quando vedeva il color rosso, e balzando in avanti non appena appariva il verde. Ma fu proprio questa competenza a causare un giorno un brutto infortunio. Uno sprovveduto automobilista, fermo a sinistra della carrozza di Muzzone, dinanzi al semaforo, ignaro delle incredibili prerogative della cavalla, pensò, all’arrivo del colore verde, di girare subito verso destra, tagliando la strada alla carrozza.Purtroppo la cavalla al verde non ebbe esitazioni e partì con un balzo focoso.

Lascio immaginare quanto accadde dopo.

Nonostante tutto Ottavio continuò ad esercitare il mestiere di vetturino.

Nel 1960,  allorquando la sua carrozza era diventata la sola a destreggiarsi nel caos automobilistico, un ulteriore incidente provocato da una neo-patentata lo convinse definitivamente ad abbandonare l’attività.

Stefano Franceschelli, detto “lu ciavaje”

Un personaggio straordinario era pure Stefano Franceschelli, detto “lu ciavaje” perchè terribilmente balbuziente.

Questi aveva abituato la propria cavalla a nome Geltrude a fargli compagnia ogni volta che si intratteneva alla cantina per scolarsi il suo solito mezzo litro.

Geltrude tracannava a sua volta un litro intero.

Tale era ormai la consuetudine di questo intermezzo serale, che la brava cavalla, all’ora esatta del tramonto, sia d’estate che d’inverno, sollecitava il padrone a compiere il suo dovere. E se quegli tervigersava dicendole che non aveva ancora trovato chi gli offrisse la bevuta, gli rispondeva: Andiamo lo stesso, chè alla cantina lo trovi sempre chi ci offre da bere!- Glielo diceva s’intende a modo suo, girando completamente la testa verso di lui e battendo tre colpi a terra con lo zoccolo sinistro.

-E va benen concludeva Stefano, se è proprio ora, andiamo!

Sul posto, infatti, non mancava mai qualcuno che offriova ai due beoni il solito litro e mezzo.

Geltrude non aveva bisogno di bicchiere: beveva direttamente alla bottiglia che Stefano gli introduceva nella gola. E non se ne perdeva una goccia!

Tullio Bosco “Accadeva a Pescara”

Un inusuale uso pubblicitario delle carrozze veniva attuato dal  vetturino Pippinuccio che, in coincidenza col “cambio” delle “signorine”, ospiti delle “case chiuse”, scarrozzava per la città con le nuove arrivate per mostrarle al popolo maschile.