Pescara e la “Nuova porta” -enigma insoluto della toponomastica

C’era una volta “Pescara”

Pescara e la “Nuova porta” aperta nel sacro edificio di Santa Gerusalemme.

Ora che la porta non c'è più perchè continuare a chiamare l'originario nucleo di Pescara con l'aggiunta di un inaccettabile appellativo senza senso?

Sul finire dell’800 la Città di Pescara era tutta protesa all’abbattimento della cinta di quella piazzaforte che aveva costretto per tre secoli abitanti e militari a convivere in spazi abitativi pressochè immutati nelle dimensioni per insite ragioni connesse alla difesa del sito.

Il programma di smantellamento avrebbe però richiesto tempi più lunghi del previsto data la mole della costruzione.

Nelle more si decise di ricavare nell’enorme cappellone di Santa Gerusalemme, e dunque al largo della chiesa di San Cetteo, una nuova grande porta che avrebbe consentito posizionamenti di nuove dimore e centri di attività lungo un asse viario di collegamento con la Pineta. Un segno liberatorio e di novità per i pescaresi, ovviamente soliti a non poter oltrepassare il campanile, la chiesa e la torre comunale.

Il bastione difensivo di San Rocco all’epoca dei borboni rasentava l’area dove sarebbe sorto il Teatro Michetti.

Si aprì quell’alto varco poichè mai si sarebbe potuto supporre di poter abbattere definitivamente quell’enorme millenario cappellone, intoccabile nella sua totale integrità e la cui appartenenza fu contesa nell’ultimo periodo fra Chiesa e governo borbonico.

Avvenne però l’inimmaginabile.

L’edificio di Santa Gerusalemme venne successivamente, e con esso la torre comunale, buttato a terra.

E finì di conseguenza nelle macerie anche la nuova porta con il suo grande arco.

Si era generata però, nel pur breve lasso di tempo di vita trascorso, una indesiderata e strana traslazione del termine Nuova Porta sul nome della Città.

Il termine “nuova porta” da semplice indicazione toponomastica, utilizzata inizialmente per indicare il luogo dove era stato aperto il varco, ebbe da allora il privilegio di accompagnare, in evidente funzione riduttiva, il nome di una grande città conosciuta ed individuata in tutt’altra maniera nel mondo.

Una masturbazione toponomastica, dal significato reale insussistente, era scivolata, alla stregua del soprannome, sul nome della vera Pescara diventandone comune attributo.

Un evento di scarsa importanza per chi di storia non si nutre, ma gli effetti di questa poco appropriata attribuzione al nome del nucleo originario della città si sono avvertiti nel tempo.

Non sembra, eppure l’azione subdola e deleteria di un termine toponomastico riduttivo che non le appartiene ha collocato troppo spesso la Pescara antica in ruoli marginali e l’ha privata della attenzione dovutale almeno dal punto di vista dell’immagine e, in forma più evidente, dell’aspetto urbano.

E pensare che quella Pescara che impropriamente oggi viene chiama con l’appellativo Porta Nuova è la città sorta 2000 anni fa, circoscritta prima da mura bizantine, poi da quelle medioevali e poi dalla piazzaforte.

La stazione ferroviaria, sorta nel 1863 al di là del Rampigna, fu chiamata con il suo nome, pur essendo situata nella circoscrizione territoriale teramana, poichè all’epoca per le sue profondi radici storico-commerciali la città era conosciuta dappertutto, anche oltre i confini nazionali. Era stata addirittura sede di tre consolati.

La costruzione della seconda stazione cittadina nell’area zonale dell’Arco di Porta nuova produsse, fra le tante problematiche, la necessità di distinguerla dalla prima. 

Quell’attribuzione risultò viatico di rigenerazione continua  del tuttora insoluto enigma toponomastico. 

La nuova porta è stata abbattuta ma il nome stranamente resta

Ora che la porta non c’è più perchè continuare a chiamare l’originario nucleo di Pescara con l’aggiunta di un inaccettabile appellativo senza senso?

A gran voce rivendica la verità assoluta il suo ricco patrimonio storico, culturale, ambientale ed architettonico.