Vita di Ennio Flaiano

Vita di Ennio Flaiano

Colui che affermava di vedere il mondo e scrivere “da abruzzese”

Quando Cetteo Flaiano va in Comune a registrare il figlio è ormai cinquantenne. L’Assessore all’anagrafe Iervone Alfredo redige l’atto(nr.56 dell’11 Marzo 1910 -0re 10,30- e attesta la presentazione davanti a lui di Cetteo Flaiano, che dichiara che il figlio è nato in Cso Manthonè 91 alle ore 7,30 del 6 marzo 1910 dall’unione con la convivente Di Michele Franceschina (donna di casa). I nomi dati risultano: Enio-Vincenzo-Carlo-Antonino.
Anche gli uffici di leva rilevano il nome originale in Enio.
L’istituto scolastico Tito Acerbo riporta nella documentazione invece il nome  ‘ Ennio’ solitamente usato, ed evidentemente preferito, dallo stesso scrittore-sceneggiatore.

Abruzzesi nel Mondo-Dall’articolo del giornalista Generoso D’Agnese 28.02.2010
su Ennio Flaiano
“L’artigiano dei sogni”
di Generoso d’Agnese
gedag@webzone.it

Nato il 5 marzo del 1910, il piccolo fu battezzato con i nomi di Enio, Vincenzo, Carlo, Antonino e ben presto iniziò la sua vita di viaggiatore.
Camerino, Senigallia, Fermo e Chieti, lo videro presente nelle scuole e nei collegi.
Sul finire del 1921 Flaiano arrivò a Roma dove terminò gli studi e si iscrisse alla facoltà di architettura, senza però mai arrivare alla laurea.
Sposato con Rosetta Rota, zia del matematico e filosofo Giancarlo Rota, e padre di Luisa (che a pochi mesi dalla nascita si ammalò di una gravissima forma di encefalopatia che compromise la sua vita e quella dei suoi genitori) Ennio conobbe negli anni ’30 il grande Mario Pannunzio e altre grandi firme del giornalismo italiano ( “Oggi” “Il mondo” e “Quadrivio”) consegnando alla storia i suoi elzeviri.
Chiamato alle armi nel 1935, Flaiano partì con il grado di sottotenente alla volta dell’Abissinia maturando sui campi di battaglia la sua avversione al fascismo e nella mente i tratti salienti di “Tempo per uccidere”, il libro che nel 1947 gli valse il premio Strega per la narrativa.
Il rientro dall’Abissinia spinse il giovane studente di architettura a non riprendere gli studi ma ad avvicinarsi al mondo del cinema.
Flaiano firmò la sua prima collaborazione cinematografica nel 1942, come cosceneggiatoredi Romolo Marcellini (“Pastor Angelicus”) e scrisse per William Wyler la spensierata sceneggiatura di “VacanzeRomane” (Audrey Hepburn e Gregory Peck), per Mario Monicelli il capolavoro comico “Guardie e Ladri”, per Mauro Soldati “Fuga in Francia” e “La donna del fiume”, per Michelangelo Antonioni l’impegnativa “La Notte”, per Ferreri l’irriverente “La Cagna”,
per Roberto Rossellini “Dov’è la libertà”, per il grande Edoardo De Filippo “Fortunella”, per Antonio Pietrangeli la dolcissima storia di “Fantasmi a Roma”, per Alessandro Blasetti “Io, io, io… e gli altri”, “La fortuna di essere donna” e “Tempi Nostri”, per Dino Risi “Un Amore a Roma”, “Il Segno di Venere”, per Luigi Zampa “L’arte di arrangiarsi”, per Mauro Bolognini “L’amore attraverso i secoli”, per Alberto Lattuada “Luci del varietà”.
L’autore abruzzese ha praticamente attraversato tutto il panorama cinematografico italiano, consegnando soggetti e sceneggiature destinate a trasformarsi in successi mondiali della cinema italiano.
Il sodalizio con Federico Fellini, insieme al quale sceneggiò pellicole che hanno fatto la storia del cinema italiano, produsse titoli come “Lo sceicco bianco” (1952), “I vitelloni” (1953) – per il quale ottenne una nomination agli Oscar -, “La strada” (1954), “Le notti di Cabiria” (1957), “La dolce vita” (1960), “Otto e mezzo” (1963), “Giulietta degli spiriti”
(1965).
Oscurato dalla fama mediatica di Fellini, Ennio non diede mai grande importanza al suo talento di sceneggiatore lasciando solo ai critici e alla posterità l’onere di scoprire il vero contributo dato alla bellezza dei capolavori cinematografici.
L’autore pescarese raccolse invece il suo primo riconoscimento culturale (il premio Strega) con la sua unica vera opera di narrativa, edita da Longanesi e incentrata sulle riflessioni intime di un uomo chiamato a combattere per una causa che
non sente propria.
Autore di decine di libri di successo e di opere teatrali, lo sceneggiatore de “La dolce vita”, firmò nel 1956 “Diario notturno” (edito da Bompiani) e la pièce teatrale “Il caso Papaleo” (1960) ma non volle mai fermarsi ad una sola professione.
Genio della penna e dell’ironia, masticatore di eventi sociali e di storie personali, l’autore ha trasfuso nel campo letterario la sua parte più intimistica.
Ma il cinema e l’amicizia con Fellini, portarono il suo nome nell’Olimpo della celluloide, trasformandolo nel soggettista
e sceneggiatore italiano più ammirato da Hollywood.
Un felice artigiano di un mondo di sogni che aveva fatto emozionare milioni di spettatori.
Dopo essere stato colpito nel 1971 da un primo infarto, Ennio Flaiano decise di dare un ordine alla sua sterminata mole di appunti sparsi in casa. Intenzionato a pubblicare una raccolta organica della sua instancabile vena creativa, il 20 novembre del 1972 mentre era in clinica per alcuni semplici accertamenti, venne colpito da un secondo infarto che gli fu fatale, lasciando ai postumi l’impegno di continuare nella pubblicazione dei suoi scritti.
“Quando un autore muore, i suoi libri e sua moglie non interessano più, per un po’
di tempo”.
Ennio Flaiano aveva affidato a uno dei suoi celebri aforismi il suo punto di vista sulla fama e sulla polvere che si depositano sulla vita di un uomo al centro del mondo letterario.
E ancora una volta aveva colto nel segno.
Il nome di Flaiano è infatti riemerso dopo 30 anni di oblìo per ritrovare l’affetto dei giovani che oggi riflettono sui
suoi tanti contributi culturali.
E proprio un giovane writer – Cristian Serafini – ha voluto rendere omaggio al principe degli aforismi realizzando un murales gigante che raccoglie in immagine il tributo per colui che seppe magistralmente inventare per il cinema la figura dei “vitelloni” trasportando in pellicola l’indolenza borghese di una città adagiata sul Mar Adriatico.
Nelle foto, il murales di Cristian Serafini in onore di Ennio Flaiano
(con Fellini, accanto al titolo)

VITA DI ENNIO FLAIANO

Ennio Flaiano di se stesso ha scritto:
Sono nato a Pescara in un 1910 così lontano e pulito che mi sembra di un altro mondo.
Mio padre commerciante, io l’ultimo dei sette figli della sua seconda moglie, Francesca, una donna angelica che le
vicende familiari mi fecero conoscere troppo poco e tardi.
A cinque anni fui mandato nelle Marche, a Camerino, presso una famiglia amica, che si sarebbe presa cura di me.
Vi restai due anni.
A sette anni sapevo fare un telegramma.
Ho fatto poi anni di pensionato e di collegio in altre città, Fermo, Chieti, Senigallia, persino Brescia, nel 1922.
Il 27 ottobre dello stesso anno partivo per Roma, collegiale, in un treno pieno di fascisti che “facevano la Marcia”.
Io avevo dodici anni ed ero socialista.
A Roma divenni un pessimo studente e arrivai a stento alla facoltà di architettura, senza terminarla, preso dal servizio militare e dalle guerre alle quali fui chiamato a partecipare, senza colpo ferire.
Tuttavia, Roma è la mia vera città. Talvolta posso odiarla, soprattutto da quando è diventata l’enorme garage del ceto più medio d’Italia.
Ma Roma è inconoscibile, si rivela col tempo e non del tutto.
Ha una estrema riserva di mistero e ancora qualche oasi.
A  Roma, da giovane, ho trascorso anni in giro, la notte, col poeta Cardarelli e Guglielmo Santangelo, due maestri di indignazione e di vita.
A Roma ho conosciuto i primi scrittori, i primi artisti, i giovani che facevano la fame, le donne che ci facevano compagnia.
Ho cominciato a scrivere molto tardi, satire e note critiche, pensare alla narrativa.
Nell’inverno del ‘46, trovandomi solo a Milano, ho scritto il mio primo e unico romanzo.
Era la “mia Africa”, adattata ai miei panni, un apologo: Tempo di uccidere.
Il libro vinse un premio, la critica lo accolse tiepidamente.
Un critico scrisse che mi aspettava alla seconda prova. Sta ancora aspettando.
Un altro che ero troppo “leggibile”.
La vecchia Italia dei capitoletti e della “pagina” mi respingeva.
Nel ‘49 Pannunzio mi chiamò redattore al “Mondo”, vi tenni una rubrica che poi raccolsi in volume, Diario notturno, assieme ad altri scritti.
Il cinema mi offrì in quegli anni una vita economica meno aspra.
Ho collaborato con Fellini ad otto dei suoi film, ho scritto altre storie, per  altri registi.
Infine, tutto tempo perso, idee e pagine buttate al vento. Nel ‘59 un altro volume di racconti, e poi una commedia, Un
marziano a Roma, la sola cosa che mi piace e che andò male.

Allo scrittore pescarese l’Associazione culturale Ennio Flaiano, operante all’interno della Fondazione Tiboni, dedica dal 1973 il Flaiano Film Festival,  mostra internazionale d’arte cinematografica coniugata alla premiazione di personaggi distintisi nell’anno nei campi della letteratura, del teatro, del cinema e della televisione.

Ancora qualche notizia a complemento:

Ennio Flaiano nasce a Pescara, il 5 marzo 1910. Ha studiato architettura, passando poi al giornalismo ed alla critica cinematografica e teatrale: nel 1939 è recensore per il settimanale “Oggi”, quindi collabora a “Documento”, “Cine
Illustrato”, “Mediterraneo”, “Star”, “Domenica”, “Il Mondo”.
La sua attività di sceneggiatore inizia con “Pastor Angelicus” (1942) di Romolo Marcellini, ed è destinata a continuare, parallela alla sua carriera di scrittore, con non minore fortuna.
Come narratore, esordisce nel ’47 con il romanzo “Tempo di uccidere”, vincitore del Premio Strega: dal libro verrà tratta nel 1989 una versione per il cinema, diretta da Giuliano Montaldo.
Mentre i suoi articoli di critica, cronaca e costume proseguono senza interruzione sulle pagine di “L’Europeo”, “La Voce Repubblicana”, “Il Corriere della Sera”, egli firma innumerevoli soggetti e sceneggiature che trovano realizzazione in oltre 60 film: nella sterminata mole di titoli, ricordiamo “Roma città libera” (1948), “Guardie e ladri” (1951), “La romana” (1954), “Peccato che sia una canaglia” (1955), “Le notti di Cabiria” (1957), “La dolce
vita” (1960), “La notte” (1961), “Fantasmi a Roma” (1961), “La decima vittima” (1965), “La cagna” (1972).
In particolare, il rapporto con Fellini – cominciato nel ’51 con “Luci del varietà” e durato sino a “Giulietta degli spiriti” (1965) – si rivelerà intenso e assai fruttuoso: l’ironia, lo sguardo lucido e impietoso del Flaiano gioveranno non poco alla riuscita di molte pellicole del regista riminese, da “Lo sceicco bianco” (1952) a “I vitelloni” (1953), da “La strada” (1954) a “Il bidone” (1955), fino a quel capolavoro che è “Otto e mezzo” (1963).
Tornando alla vicenda letteraria del Nostro, meritano menzione
i due volumi di racconti e satira “Diario notturno” (1956) e “Una e una notte” (1959), cui faranno seguito “Il gioco e il massacro” (1970, Premio Campiello), i 5 testi teatrali di “Un marziano a Roma e altre farse” (1971) e “Le ombre bianche” (1972).
Nei due tomi di “Opere. Scritti postumi” ed “Opere 1947-1972″ della collana Classici Bompiani (1988 e 1990) sono confluiti i suoi testi letterari, mentre un’ampia scelta dei carteggi è stata riunita in “Soltanto le parole” (1995).

La sua opera narrativa è percorsa da un’ironia pungente e dal vivo senso del grottesco e le sue battute, divertenti e sarcastiche, sono raccolte nel libro Aforismi.
Esordì nel giornalismo, come critico cinematografico e teatrale e pubblicò un solo romanzo di narrativa e due volumi di racconti; con il romanzo Tempo di uccidere, ispirato dall’esperienza da sottotenente durante la campagna d’Africa  del 1947, vinse il Premio Strega e, successivamente, nel 1989, il regista Giuliano Montaldo ne realizzò una versione cinematografica. Ha lavorato per
il cinema come autore di soggetti e sceneggiature per registi quali, tra gli altri, Antonioni, Blasetti e Fellini. Ha dato alle stampe due volumi di racconti: nel 1956 Diario notturno e nel 1959 Una e una notte (entrambi Bompiani). In seguito sono apparsi: nel 1960 Un marziano a Roma (Einaudi); nel 1970 Il gioco e il massacro (Rizzoli)che ha ottenuto il premio Campiello; e poi, nel 1971, Un marziano a Roma e altre farse (Einaudi), e Le ombre bianche (Rizzoli) ne1 1972.
Sono usciti postumi, fino a oggi, diciotto volumi tra cui anche due testi cinematografici, entrambi de1 1989, Progetto Proust (Bompiani) e Tonio Kroger (Manni), ripresi, quasi tutti e con l’aggiunta di inediti, nei due volumi delle Opere (Classici Bompiani), stampati nel 1988 e 1990.
Per il teatro scrisse La Donna nell’armadio, Il caso Papaleo e il famoso e discusso Un marziano a Roma.
La sua attività nella cinematografia è legata soprattutto all’intensa collaborazione con il grande regista Federico Fellini.
Oltre a curare la realizzazione di Ladri di biciclette di De Sica, Flaiano scrisse le sceneggiature e i soggetti dei più famosi film felliniani, con un sodalizio  che iniziò con Luci del varietà, 1951, e si concluse con Giulietta degli spiriti, 1965, firmando le sceneggiature di indimenticabili capolavori del cinema italiano quali I Vitelloni, Lo Sceicco bianco, La Strada, La dolce vita, Le Notti di Cabiria, Otto e mezzo.