La zona dei Conventi

La zona dei Conventi

Fatti e misfatti di vita quotidiana in un quartiere un tempo quasi interamente colonizzato dal clero.

Il passaggio di gran parte delle proprietà dagli ordini religiosi ad organismi governativi, in attuazione delle leggi napoleoniche, produce mutamenti d’ordine economico ed influenza gli stili di vita.

In via S.Agostino c’è la “casa” con le signorine che accendono i celibi e i mariti stanchi delle scipitezze coniugali.

Tutti parlano di Palazzo Perenich, ma nessuno di questo piccolo gioiello. Era una facciata con grandi spigoli, mal ridotta, le due porte centrali una volta ingresso principale erano occupate da due falegnami, agli angoli e al centro balconcini ne rendevano la preziosità; di sera poi l’effetto era sorprendente. Era Liberty, forse.

Flaiano

Nel vicolo, sotto la pioggia il fradiciume aveva fermentato come un lievito(…)

Su quella cloaca, il cui sole suscitava insetti e miasmi, una fila di case nane pareva ansare addossata alla caserma. Da tutte le finestre però, da tutti gli spiragli si riversavano le piante dei garofani non più contenute nei vasi;  e i grandi fiori rosei e rossi penzolavano al sole aperti magnificamente.

E tra quei fiori apparivano le facce flosce e dipinte delle meretrici (…) e giù sul lastrico, sotto le inferriate della caserma altre femmine si tendevano verso i soldati parlando a voce alta, provocandoli. Ed i soldati, che sentivano nel sangue alla primavera rifiorire i mali di Venere, allungavano le mani tra le sbarre pur di brancicare qualcosa, divoravano con gli occhi in fiamme quelle femmine disfatte già per anni dalla lascivia di tante ciurme briache e di tanti facchini fradici.

Filippo Tommaso Mainetti-scritti francesi 1897 “Viaggiatori francesi in Abruzzo”

“ …sulla piazza centrale il mercato era finito: Prostitute dai seni traboccanti, con gonne color messe dorata e con le camicette simili a banchi d’arancia, tre a tre sbucando dai vicoli neri, vennero a passeggiare sulla piazza azzurrata e mormorante nel suono dell’Angelus.

Questo campanile cantava un tempo sulla culla del poeta fanciullo che scandiva le melopee eburnee con le piccole dita graffianti.Vorrei rievocare l’adolescenza del poeta, fra lo splendore accecante delle cerimonie cristiane, ed entrai nella chiesa di Pescara.

Immaginate una grandiosa scuderia dalle pareti sporche. Gli altari?… cavalletti di legno ricoperti di una tovaglia sporca, con sopra una Madonna ebbra, boccoli dorati e guance di cera vermiglia. Con l’aria di una ricca cortigiana che inciampa nel fango. Dei S.Giuseppe con ai piedi vasetti di senape e scatole di conserva ( che portavano ancora l’etichetta “pomodori”) contenenti fiori di carta polverosi.

Esco dalla chiesa e vedo di fronte illuminarsi i vetri del Circolo che è il club degli aristocratici:

Ufficiali sbadigliano appoggiati al tavolo davanti ad una brutta limonata.

Un amico mi ferma al passaggio e mi costringe a sedere…seguono le presentazioni: tra l’altro, quelle del primo farmacista di Pescara, Luise, parente di Gabriele D’Annunzio.