Carattere pescaresi

Carattere pescaresi

Il vecchio pescarese del primo 900 si distingueva per la sua arguzia e per il suo carattere preminentemente scherzoso e burlesco. Un leggero senso di umorismo marcava l’abituale linguaggio.

……….“Soldati napoletani,comandanti francesi e spagnoli, arrivavano giornalmente via mare al Portocanale dalla Turchia, Albania, Dalmazia, Serenissima, Romagna, Marche e Puglia.

In mezzo a tutto questo movimento di gente cosmopolita i pescaresi dovevano per forza apprendere educazione, audacia, astuzia, motti, e molte caratteristiche differenti dalle altre e timide città d’Abruzzo. Ecco perché  ogni tanto certi nostalgici fessi abruzzesi ci chiamano lestofanti, zingari, pirati.Sino alla fine dell’Ottocento il nostro era stato il paese del benessere e dei burloni, si prendeva i giro tutto e tutti, persino il diavolo..”  il vecchio pescarese,nonostante tutto è sempre riconoscibile, se non per il suo aspetto fisico, per la sua arguzia e per il suo carattere preminentemente scherzoso e burlesco “

da uno scritto di Romeo Tommolini.

Tullio Bosco nell’ottobre del 1985 nel suo libro “Accadeva a Pescara”

scriveva:

“Se  prendiamo un litro di Montepulciano d’Abruzzo, che è di colore rosso violaceo, e vi aggiungiamo dieci litri di vino bianco otterremo un vino che di rosso conserverà solo qualche leggera traccia, ed il sapore perderà la sua caratteristica robustezza. Questo è quanto  accaduto ai pescaresi che dal 1920 al 1980 hanno visto la propria popolazione passare da 20.000 a 150.000 abitanti…”

(..)  “Ognuno dei vecchi pescaresi si è visto circondare da 10 nuovi abitanti giunti in città da ogni parte d’Italia. E’ nata così la coesistenza condominiale e la difficoltà di conoscersi fra i cittadini……”

(..)”Eppure se prendiamo un chilo di fagioli rossi e lo mescoliamo con dieci chili di fagioli bianchi, sarà sempre possibile individuare attraverso la trasparenza del vaso quelli rossi sparsi qua e là, perchè il vecchio pescarese, nonostante tutto, è sempre riconoscibile, se non per il suo aspetto fisico, per la sua arguzia e per il suo carattere preminentemente scherzoso e burlesco”.

Tummuline e l’ova fresche

A Piazza Garibbalde, a lu mercate,

nu cafone tenè na cesta d’ove.

-Nu solde l’une! Fresche di Jurnate!

E chiù fresche di quiste nin si trove!

Insieme a Tummuline ci si trove

Teonie, illusiuniste arinumate.

-Bive, Teò, ca t’arimette a nove!-

-Romè, ma huarde chi ci so truvate!-

-Cinque lire d’argente! E n’altre ancore!

Cumpre tutte, cumbà, si nin si matte,

ca st’ove pare na miniera d’ore

-No, no! – fa lu cafone stirrefatte

-Nin si venne chiù ninte! Jete fore!

Nchi sta ricchezza ‘n mane me la batte! –

…e dentr’a lu purtone di D’Amiche

chi frittate ci’à scite nin vi diche!

“Accadeva a Pescara” di Tullio Bosco

Tempi che cambiano:

I consumi, che attualmente ci perseguitano in ogni campo,  erano allora limitati ai generi alimentari ed in minor parte al vestiario.

Quel poco che si guadagnava bastava per vivere senza tanti problemi, e la mancanza di preoccupazioni portava alla serenità di spirito e al desiderio di godere la vita nella propria tranquillità e piacevole comunità.

UN COMIZIO A PIAZZA GARIBALDI

Correva l’anno 1921, quando i vari partiti che formavano il nostro Parlamento cercavano di arginare, con numerosi e vibranti comizi, l’avanzata irrefrenabile dei fascisti, ed i più importanti uomini politici e di governo si succedevano senza sosta nelle varie piazze d’Italia.

Uno di questi personaggi politici, tra quelli di maggiore spicco, aveva preannunciato il suo prossimo comizio a Pescara: avrebbe parlato dal balcone del circolo Aternino, di fronte alla capiente piazza Garibaldi.

All’appuntamento era intervenuto un pubblico numerosissimo cosicchè, quando l’oratore apparve sul balcone e notò la piazza gremita di uditori, non potè fare a meno di esprimere ai compagni di fede che lo fiancheggiavano parole di vivo conpiacimento.

Mancavano a quel tempo i microfoni ed i relativi altoparlanti, e l’oratore doveva necessariamente avere una voce potente e chiara perché anche i più lontani potessero ascoltarlo. Il nostro personaggio si schiarì ben bene la voce, bevve un sorsetto d’acqua, sfoderò un amabile sorriso e si sentì pronto. Alzò un braccio verso la folla per richiedere il massimo silenzio, ed esordì:

— Amici di fede, cittadine e cittadini di Pescara! Vi parlo da questa storica piazza, ove…

Purtroppo a questo punto si inceppò. Il suo discorso, benchè preparato con ogni minuzia, non aveva previsto questo inizio, detto, per la verità, un po’ avventatamente. Cos’era mai accaduto in questa storica piazza?… Sperando che l’ispirazione gli venisse parlando, ripetè:

— …ove…

Niente! Si voltò allora verso gli amici che si assiepavano alle sue spalle, rivolgendo loro uno sguardo come per chiedere soccorso. Ma quelli si guardarono bene dal dargli suggerimenti: non sarebbe stato fine. O forse non avevano nemmeno ascoltato le parole finora pronunciate.

È così ripetè ancora:

— …ove…

Ed ecco il soccorso (se così può chiamarsi) arrivargli inopinatamente dal centro della piazza. Una voce stentorea e chiara sovrastò l’emozionato silenzio della folla:

— … e pipindune!

Era stata l’ugola potente di Luigi Pellegrino a risolvere la penosa situazione, ma la sua battuta ebbe una conseguenza non certamente imprevedibile: le più fragorose risate scoppiarono come un tuono in tutta la piazza. L’ilarità che ormai dominava incontrastata, veniva alimentata da qualcuno che mandava all’indirizzo dell’oratore consigli gastronomici a base di uova. Si udì perfino gridare: — Ove nchi li ciammariche! —

Il povero oratore era rimasto impietrito. Ma da vecchio politicante, e buon conoscitore delle folle, seppe uscire brillantemente da tale spinosa situazione ridendo ostentatamente anch’egli alla battuta, e quindi, al calmarsi del clamore, esordendo con queste parole:

— Lo sapevo… lo sapevo che lo spirito e l’arguzia è una caratteristica di voi pescaresi, e per questo siete noti in tutta Italia! Bravi! È proprio per questo che Pescara è una delle città più simpatiche! Ed ora, dopo questo piacevole intermezzo, permettetemi, amici, di tornare al nostro argomento —.

E così il comizio si svolse regolarmente, giungendo indisturbato sino alla fine.

Bisogna dire che l’interruzione di Pellegrino aveva fruttato un tocco di simpatia anche all’oratore che ne beneficiò riscuotendo, alla fine del suo discorso, applausi più prolungati del solito.